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Il Manoscritto di Melchiorre: l'incipit.

Ecco l'incipit della favola contenuta nel romanzo Agata e il manoscritto di Melchiorre:


«Tu devi partire, Zenzerino» disse Cuordiradice. «Seduta stante».

«Ma perché proprio io?» rispose lo gnomo. «Lo sai che non amo viaggiare. E poi c'è bisogno di me qui a casa.»

«Tutte storie Zenzerino! I tuoi figli sono grandi ormai, daranno loro una mano a tua moglie.» replicò lo stregone. «Tu hai il dono amico mio, nessun altro può partire al posto tuo.»

«Sì, sì» rispose Zenzerino con un gesto di stizza.

«Ce la farai, non temere!»

Perché non tocca a te, fanfarone! pensò lo gnomo con una punta di disprezzo. «Se solo il re avesse educato sua figlia come si deve!» borbottò mentre radunava le sue cose.

Invece l'aveva sempre viziata, e la principessa Rosabella era cresciuta pensando di poter fare sempre quello che le pareva. E ora che era diventata grande, si era messa in testa di sposarsi con un tizio che non aveva né titoli né denari.

Aveva voglia re Quartodiluna a dirle che di matrimonio non se parlava nemmeno: ogni tentativo di farla ragionare era stato vano. E così, giusto per metterla alle strette, aveva fatto imprigionare il suo amato, dicendole che l'avrebbe liberato solo se lei avesse rinunciato a sposarlo.

Quartodiluna era un uomo pacifico: non avrebbe torto nemmeno un capello al ragazzo e l'aveva rinchiuso solo per provocare sua figlia. Ma Rosabella, neanche a dirlo, se l'era presa molto a male e aveva minacciato suo padre di uccidersi se avesse perseverato nei suoi propositi.

«Questa storia si è spinta troppo oltre!» aveva pensato Quartodiluna fra sé e sé, sentendola farneticare a proposito di veleni e pugnali. Così si era rassegnato alla volontà di sua figlia, ed era sceso nei sotterranei del castello per liberare il giovane. Ma quando aveva fatto aprire la cella, aveva scoperto che il prigioniero era riuscito a fuggire.

Proprio in quel momento l'avevano chiamato dal castello: qualcosa di brutto doveva essere capitato a sua figlia. Si era precipitato nella sua stanza e l'aveva trovata a letto, pallida e senza forze.

Rosabella, facendosi coraggio, gli aveva raccontato che il suo fidanzato, una volta fuggito dalle carceri, era salito da lei e le aveva detto addio. "Non voglio creare tutto questo scompiglio", le aveva spiegato, "mi spiace tanto, ma proprio non me la sento". E si era calato dalla finestra, scomparendo nel bosco.

Quartodiluna era quasi contento.

«Mi dispiace davvero Rosabella, ma su! Non far così!» le aveva detto «Adesso ti faccio preparare un buon pranzetto e vedrai che ti sentirai subito meglio!»

«Non credo proprio, papà»

«E perché mai?»

«Perché quando lui se ne è andato, io ho preso il veleno-sei-giorni...»

Immaginate la disperazione del re. A sua figlia, la sua adorata figlia non restavano che sei giorni di vita.

Per fortuna, quello stessa mattina, lo stregone Cuordiradice aveva attraversato le porte della città.

«Il veleno-sei-giorni è uno dei Venticinque Veleni Ufficiali del Cinque Regni» aveva spiegato al re «Quindi esiste l'antidoto...»

«Ah grazie al Cielo!»

«Solo che gli Gnomi non ne hanno la formula, e nemmeno gli Stregoni. Sono i Draghi i Custodi delle Ricette, ricordi Quartodiluna?»

«I Draghi!» aveva esclamato il re pieno di disappunto «E chi ci mando io da un drago? La gente qui non è abituata a viaggiare!

«E poi ci vuole qualcuno di scaltro... Qualcuno che non si faccia menare per il naso da quei... quei bestioni spocchiosi!»

Cuordiradice aveva annuito con aria seria. Non sarebbe stato facile individuare la persona adatta.

«Il notaio Zenzerino!» aveva esclamato Quartodiluna dopo qualche minuto di riflessione. «È un notaio lui, mica un sempliciotto! E soprattutto è l'unico del Regno che sa leggere!»

Era proprio così a quei tempi. Solo Zenzerino sapeva leggere. Quello era il suo dono.

Così Cuordiradice si era presentato a casa sua poco prima dell'ora di pranzo e gli aveva dato la notizia: doveva procurarsi la Pergamena delle Ricette e, già che c'era, l'occorrente per guarire Rosabella.

«E se la Pergamena la prende qualcun altro e la porta qui, e poi noi la leggiamo?» tentò lo gnomo.

«Non possiamo rischiare, i Draghi sono notoriamente degli imbroglioni, se Pungitopo capisce di aver di fronte un analfabeta, senza dubbio gli rifilerà la ricetta dell'unguento per le verruche o che so io», rispose Cuordiradice. «Invece un notaio è sempre un notaio, e anche i Draghi lo sanno.»

«Allora devo proprio andare...»

«Devi proprio!»

«Saluto mia moglie e i bambini.»

«Sì, ma poi vai.»

«Vado, vado! Tu mi devi firmare questo però, è la mia unica condizione.»

«Che cos'è?»

«Un patto: io parto, ma se non dovessi tornare tu ti prendi cura della mia famiglia.»

«Dovresti chiederlo al re.»

«I re non pensano ai notai! E nemmeno ai soldati né ai panettieri... E nemmeno agli Stregoni, se vuoi proprio saperlo. Avanti: firma altrimenti io di qui non mi muovo.»

«E sia!» disse Cuordiradice dopo aver letto il contratto. Lo stregone scrisse nell'aria il suo nome agitando l'indice ossuto, e la sua firma e una goccia del suo sangue fiorirono in fondo al foglio.

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