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romanzi e ambientazione


Prendo spunto dall'incontro "Scrivere un romanzo ambientato a Venezia" che si è svolto nella Biblioteca Civica di Caorle il 17 ottobre 2015 per postare qui due righe sul tema dell'ambientazione di un romanzo. Quello che segue è il contenuto -riordinato e sintetizzato- del mio intervento di sabato.

Sono convinta che l'ambientazione di un romanzo sia molto più che lo sfondo su cui gira la storia. Infinitamente di più.

L'ambientazione, infatti, è utile allo scrittore per amplificare il messaggio che vuole affidare al suo romanzo. Come scrive Stephen King nel suo On Writing, un buon romanzo rimanda risonanze: echi di significato che rimbalzano tra personaggi, trama e ambientazione e che lasciano nel lettore che ha girato l'ultima pagina, la sensazione di aver letto qualcosa di più di una semplice storia.

Un buon romanzo, lega lettore e scrittore. Quello che lo scrittore ha narrato e descritto snodando il suo raccontro tra trama, personaggi e ambientazione, richiama alla mente il vissuto del lettore, la sua vita interiore, i suoi ricordi, la sua capacità di immaginazione. Una buona ambientazione, dunque, contribuisce a fare del lavoro dello scrittore un romanzo che lo lega al lettore, un romanzo di cui si ricorderà, da cui non riuscirà a staccarci. Un romanzo che non vorrebbe mai finire di leggere. Un romanzo che, come dicevo, passa un messaggio pieno. Passa significato.

Ho confrontato tre dei romanzi ambientati a Venezia proposti al Club dei Lettori della Biblioteca Civica di Caorle per questa stagione proprio per mettere in evidenza come l'ambientazione non sia palcoscenico ma, piuttosto, voce protagonista. E per rompere il ghiaccio parto proprio dal mio...

Ne La Centunesima Infelice Venezia è data per scontato. Venezia è il paesaggio che le protagoniste hanno sotto gli occhi da sempre. Venezia è scomoda: a Venezia si perdono i vaporetti e si arriva in ritardo; si cammina sotto la pioggia o nel gelo di una notte d'inverno: e non ci sono alternative. Non ci sono nemmeno gli ipermercati con la merce a buon mercato che Annagiulia, la sorella di Angiolina, desirerebbe tanto avere a portata di mano.

A questa realtà banale -se vogliamo- come banale, comune, quotidiana è la realtà delle protagoniste, si contrappone l'altra faccia della medaglia. Angiolina ha una seconda vita fatta di presenze immateriali ed è proprio quando la sperimenta, che Venezia si trasforma e, finalmente, la stupisce. Così Angiolina scopre "la città di carta", partecipa a una festa da ballo nel piano nobile di un palazzo, si confronta con la solennità della sala del maggior consiglio, si ritrova a girovagare come una turista tra le navate di San Zanipolo.

Ecco dunque che il contrapporsi delle due realtà, il fatto che una di loro viva segretamente nell'altra, e che una sia scontata, condivisibile, terribilmente umana quanto l'altra è invece irraggiungibile, eterea e grandiosa si riflette nell'ambientazione. Venezia si sdoppia: quella di ogni giorno - quella umana- e quella degli spiriti -sovrumana per forza di cose- si scontrano e si fondono nell'esistenza di Angiolina, l'unica capace di vivere entrambe le dimensioni.

In Cortesie per gli ospiti (Ian McEwan 1997), Venezia è una città soffocante. Angosciante, quasi. Mary e Colin, due turisti approdati in città più con lo scopo di "fare vacanza" che di goderne le bellezze, ci si perdono di continuo. Venezia per loro è un labirinto: li disorienta in tutti i sensi. E i due, smarriti in un incubo, imboccano un vicolo senza uscita nè ritorno.

Particolare curioso è che la città non è mai identificata con il suo nome, si arriva a essa per deduzione come quando si ascolta il ricordo di un turista distratto. E McEwan, con le sue descrizioni asciutte, oggettive, distaccate, è abilissimo a trasmettere questa sensazione.

Di tutt'altro segno è la Venezia descritta da James ne Il carteggio Aspern (1888), in cui l'autore indugia nella visione romantica e decadente della città.

Anche qui, lo "spirito del luogo" va di paripasso con gli altri elementi della storia: la città è ciò che resta di un tempo glorioso, e le protagoniste, allo stesso modo, vivono con gli avanzi del passato cercando di restare a galla con tutti i mezzi consentiti.

Il protagonista, ammaliato dalla città e dalle signorine Bordereau, finisce per diventare vittima del suo stesso raggiro. La sua decrepita ospite, dimostra di essere più scaltra del fittavolo americano che, dopo aver dilapidato il suo patrimonio nel tentativo di mettere le mani sul "carteggio Aspern", deve infine capitolare. Il protagonista fa i bagagli e lascia la città: Venezia -pur ospitandoli- fa fatica a riconoscere come suoi i figli della terraferma e, come la signorina Bordereau, sotto la pelle raggrinzita e sottile, nasconde una furbizia inaspettata...

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